lunedì 12 novembre 2012

Usa.... e defaulta



Dopo una lunga ed estenuante campagna elettorale, finalmente si può consegnare alla storia l’esito delle elezioni americane. Obama è stato riconfermato. Ha vinto l’homo politicus, ha vinto la capacità retorica, ha vinto l’assenza di un programma concreto. E se questo poco importa a molti giornalisti e politici, grande rilevanza ha invece per le agenzie di Rating, per i mercati, per il futuro della produzione industriale statunitense, per l’Europa.

Le agevolazioni fiscali varate dall’amministrazione Bush stanno infatti per terminare e, se non verranno riconfermate entro la fine dell’anno, porteranno a un incremento della pressione fiscale sulle imprese e sul quel ceto medio accanto a cui Obama si è schierato con forza negli ultimi mesi.
Un simile scenario sarebbe difficilmente accettabile nell’attuale congiuntura economica internazionale, con un elevato rischio di rientro in recessione e di un tasso di disoccupazione che rimbalzerebbe, di nuovo, sopra i 10 punti percentuali.
Poco di male, verrebbe da pensare: il Congresso non esiterà ad approvare una proroga.
Peccato che a latere di questa situazione ci siano due altre questioni, una di carattere economico e una di carattere politico.
In primo luogo, il debito pubblico degli Stati Uniti è fuori controllo e solo pochi mesi orsono è il Paese è stato salvato dal default, non attraverso alla soluzione dei problemi strutturali del sistema, ma semplicemente alzando il tetto massimo debito. In altri termini, invece di curare la malattia si sono limitati a spostare avanti la deadline, letteralmente. Serve un piano di lungo periodo convincente per placare i mercati e le agenzie di rating, cosa che, finora, Obama non ha saputo presentare.
La seconda questione è inerente ai costi del rinnovo di tale misura: sarebbero necessari tagli alla spesa pubblica e nuove imposte per un totale di 600 miliardi di dollari dal primo gennaio 2013; potete immaginare da soli dove saranno reperiti...
La situazione è critica e se non verrà adeguatamente affrontata, potrebbe costare la tripla A agli USA, con conseguenti gravi ripercussioni sull’economia interna e internazionale.
Manna per gli speculatori, lacrime e sangue per chi produce e per chi negli Stati Uniti vive e prova a lavorare.
Ma in fondo sappiamo già come la storia andrà a finire: nessuna decisione, nessuna direzione. D’altronde non si sbaglia se non si agisce.
Il problema verrà rimandato di qualche mese, forse anno; nessuno si sarà fatto male, fino a quel momento…
“Fai la domanda sbagliata.”
“Qual è la domanda giusta Lou?”
“Chi non fallirà…”

Gabriele Lattanzio

Università commerciale Luigi Bocconi

Tsinghua University, Pechino

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