giovedì 18 ottobre 2012

Presidenziali 2012, Il ritorno dell'oratore.



"Obama is back in town", questo avranno pensato i sostenitori del Partito Democratico alle 21.30 circa (locali).
L'arena è cambiata, non siamo più a Nevada ma ad Hempstead, molto più a nord, nello stato di New York. Posto differente, approccio differente: Barack Obama si toglie i panni da Presidente degli Stati Uniti per ritornare ad indossare quelli da candidato alla Presidenza.
Mitt Romney, già lievemente ridimensionato da quella che è stata definita dalla stampa internazionale una "sconfitta ai punti" del suo vice Ryan, si è improvvisamente trovato davanti un concorrente col quale giocarsela alla pari, e non un Presidente da giudicare per l'operato; il risultato? Una vera battaglia.
Oltre alla sede diversa c'è anche un format nuovo. Niente moderatore, ma una schiera di votanti indecisi selezinati da Gallup, una delle più famose agenzie di sondaggi a livello internazionale.
Qualcuno di voi ricorda il dibattito di Denver? Beh, scordatevelo. Niente noia, tanta energia. Candidati in piedi, spesso vicini, ad un tratto anche di fronte. Molta più energia, ironia, interruzioni (sebbene queste fossero vietate dal regolamento). In poche parole un incontro di pugilato.
I temi sono stati i più vari, a cominciare dall'economia, sul quale Romney però si è pronunciato troppo frettolosamente. Ha promesso infatti una sua presidenza caratterizzata dal "pugno di ferro" nei confronti della Cina, che verrà obbligata a rispettare le regole e a rivalutare la moneta. E' questa la prima volta in cui Romney scopre il volto, Obama non si fa pregare e piazza il primo gancio. Il democratico infatti spiega come alcune produzioni sono ormai emigrate verso la Cina ed è impossibile il loro ritorno negli States, mentre la reazione giusta è quella di investire nel settore delle nuove tecnologie come l'ingegneria. Poi rincara la dose ricordando che il Romney che promette il pugno di ferro ai cinesi è lo stesso che in Cina ha investito un sacco di soldi. Bel colpo.
Romney incassa ma non molla. Ci sono ancora molti temi. Vengono tirate in ballo le due famose stragi recenti (quella alla prima di "Batman" e quella in Wistconsin nel tempio Sick). Il repubblicano afferma di voler introdurre leggi sulla limitazione delle armi, il democratico invece sostiene che questo lo stanno già facendo gli Stati federali.
E' il momento decisivo, il Bengasi-Gate. Romney ha bisogno di vincere su questo punto e si sbilancia. L'accusa è pesante, l'amministrazione Obama avrebbe causato la morte dell'ambasciatore e del suo staff. Obama se la gioca alla grande e capisce che è il momento di rimettersi i panni da Presidente ed ha tuonato: "Non si può fare campagna elettorale con degli affari di stato, e strumentalizzare una tragedia quando oltretutto ci sono ancora morti per terra". Su questo punto la vittoria è tanto totale perchè anche la moderatrice Cindy Crowley ha dovuto, in diretta, annuire ad Obama dandogli palesemente ragione.
Si è parlato poi di donne (quì piccola gaffe "mi hanno portato raccoglitori pieni di donne), di contraccezione, di occupazione.
E' il momento dell'ultima domanda, molto libera. Viene chiesto ai due candidati di aggiungere qualcosa per modellare quella che è stata la percezione che fino ad oggi gli elettori hanno avuto di loro. Parte Romney, e di fatto è una grande occasione per Obama di sferrare il colpo del Ko.
Romney dichiara di essere stato molto frainteso e che lui sente di volersi occupare del 100% della popolazione americana, mentre il suo rivale non farà altro che peggiorare la situazione di bilancio.
Obama sa benissimo che dopo il suo intervento il dibattito terminerà, e il sipario calerà su Hempstead. Prima di tutto precisa una sua idea "il governo non deve creare posti di lavoro, ma garantire la libertà dei mercati che è il motore dell'economia". Poi rilascia le ultime parole, quelle che rimarranno nella testa di tutti gli spettatori: "la classe media con Romney verrà sacrificata. Mio nonno ha combattuto la seconda guerra mondiale, ma poi con i suoi sacrifici mi ha permesso di studiare, non è un parassita, anche se fa parte del 47%".
La stampa di oggi ha già decretato un vincintore, o meglio, un grande sconfitto. E' Mitt Romney. Troppe gaffe, troppa sfrontatezza sul Bengasi Gate, tanta incoerenza.
A mio parere anche un gigantesco autogol: il forte e dichiarato distacco da George W. Bush. E' pur vero che la popolarità di Bush a livello nazionale è bassa, ma rimane sempre un icona della tradizione repubblicana e va tenuto il fatto che sono i voti di pochi stati ad essere decisivi. Quale saranno le reazioni dell'elettorato texano, legato alle classiche figure dei Bush quando le critiche provengono da un Mitt Romney che non ha certo fatto la storia del partito?
Il cambio di stile di Obama è stato obbligato, ma efficace. Il KO di Denver lo aveva lasciato stordito; il Presidente ha però saputo togliersi il peso della sua carica per indossarla nuovamente al momento giusto. E' tornato a fare l'oratore, l'avvocato. Obama is back in town.
Maurice Bisaccia
http://gameover-trywithmind.blogspot.it/

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