mercoledì 31 ottobre 2012

La ricerca di una identità in Portogallo o l'adolescenza di un (vecchio) Paese




Il Portogallo è oggi un Paese moribondo. Una novità? Non proprio per chi conosce la storia recente e meno di questo piccolo Paese alla fine dell'Europa.

Una conseguenza della crisi?Non solo, il problema non è del tutto congiunturale ma è anche e soprattutto strutturale.
Da sempre fiero di aver posseduto un impero marittimo che ha battutto ogni record di longevità a livello mondiale, il Portogallo ha deciso nel 1974 di girarsi verso l'Europa facendo il broncio all'oceano ancor oggi associato al regime dittatoriale caduto il 25 aprile dello stesso anno.

Enormi flussi di aiuti finanziari della CEE sono colati nei forzieri portoghesi per preparare il Paese all'adesione tanto desiderata.
E' nel 1986 che il Paese, strutturalmente debole, entra a far parte della comunità con i vicini spagnoli.
A partire da quel momento è stata messa in opera una politica di abbandono dell'oceano, si fa riferimento alle " quote" (ordini) imposte da Bruxelles per il buon funzionamento dei mercati.
Il nostro settore della pesca viene dunque abbandonato. Migliaia di posti di lavoro legati direttamente o indirettamente alla pesca son andati in fumo da un giorno all'altro.

Il sogno di diventare un porto di attracco di tutte le navi commerciali europee è dunque svanito.
Il progetto di sviluppare il porto di Sines erenderlo un importante punto di accesso per il petrolio e il gas che arrivano in Europa cade in acqua ( notate l'ironia).
Il Portogallo sviluppa molteplici industrie che però oggi son già partite dal Paese. Non mi dilungherò di più poichè il problema qui non ha nulla a che vedere con lo svilupo più veloce di certi settori a danno di altri.
Il problema è che ora l'Ue è troppo ambiziosa, troppo.
L'Europenizzazione non deve esser vista come obbligatoria, essa ha bisogno di molto tempo.
Dal 1986 il Portogallo continua a rinnegare la sua identità in nome di una certa europenizzazione.
Certo, la UE rappresenta un progetto maggiore, ma l'abbandono di una cultura, di un modus vivendi proprio a un Paese per delle ragioni essenzialmente economiche apporta solo gli enormi schiaffi finanziari presi ogni giorno.
La struttura del Portogallo non era semplicemente pronta alla sua entrata nell'unione e nemmeno è stata sviluppata negli ultimi anni per sopravvivere al mercato europeo.
Questa voglia di correre a tutti i costi verso un'identità europea non fa che ritardare il sogno europeo.
Non dico che l'Europa sia fallita. Credo che anche il Portogallo abbia guadagnato molto con la sua entrata, molto più di quanto ha perso.
Critico la scelta del Portogallo di abbandonarsi all'Europa per paura di perdere il treno dello sviluppo lasciando così da parte la sua vera natura di imprenditore dei mari e degli oceani.
L'esistenza di una identità europea è oggi una menzogna. Difenderla nel breve periodo sarebbe, una volta in più, chiudere gli occhi di fronte agli errori commessi nel passato.E difenderla avendo in testa il silenzo della UE verso la Romania e la Bulgaria non potrebbe che esser visto come un'ipocrisia.
Pensiamo al lungo periodo.
Il 12 novembre, quando Angela Merkel verrà in Portogallo, vedremo come uno Stato europeo dal 1986 si sentirà realmente integrato alla sua famiglia ( esiste poi davvero un vero sentimento di famigliarità europea?). E vedremo anche se, in seguito a riunioni tenute con "La" cancelliera Merkel,  non sarà fissata una tassa anche  sulle lacrime e la saudade non sarà  proposta come nuova politica portoghese.

Viva ( per il momento) l'Europa delle Nazioni!

Guilherme Lopes

Universidade Catòlica Portugueisa, Oporto

Insitut d'Etudes Politiques, Toulouse

Tradotto da Francesco Piccat

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