venerdì 30 novembre 2012

Con cosa fa rima Doha?



“Non sapete come risolvere i problemi del mondo? Allora smettete di distruggerlo. Se non conoscete la soluzione allora non create l’enigma.” Severn Suzuki, 12 anni. Così parlava, nel 1992, di fronte all’assemblea dell’O.N.U. riunitasi a Rio De Janeiro in occasione della prima Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Da quello che, ormai, pare un anno lontanissimo sono passati esattamente vent’anni. L’adolescenza per Severn è passata già da un pezzo ed ora è diventata una donna, ma nonostante ciò tutto sembra essere rimasto immobile e le sue richieste inascoltate.

Oggi i negoziati della 18esima conferenza dell’ ONU sul clima si tengono a Doha in Qatar. I delegati si sono riuniti nella città che produce più emissioni Co2 procapite al mondo(3 volte gli interi Stati Uniti). E, non lo dico per fare ironia, l’obbiettivo è: abbattere le emissioni di anidride carbonica e più in generale dei gas serra. Fin qui nulla di nuovo, ma facciamo un passo indietro.

Tutto ha inizio con il protocollo di Kyoto. Firmato nel 1997, unico trattato legalmente vincolante, il quale stabilisce chiaramente gli obiettivi di riduzione delle emissioni di agenti inquinanti e di gas a effetto serra (Ges) nei Paesi industrializzati in maniera non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 (preso come anno di partenza), nel periodo 2008-2012. Detto così può sembrare complesso, ma ben programmato. Insomma basta aderire e impegnarsi nella riduzione dei GES, eppure non è così immediato. Tanto per cominciare gli Stati Uniti (i quali sono responsabili del 36,2%del totale delle emissioni mondiali di Ges) non hanno ratificato il protocollo. Inoltre anche la Cina e l’India, i quali hanno siglato l’accordo, grazie al loro stato di “paesi non responsabili” non sono obbligatoriamente tenuti a diminuire la propria produzione di Co2. Messo in questi termini qualsivoglia tipo d’accordo perde valore e diventa difficile un integrazione a livello globale. Come facciamo a combattere l’innalzamento della temperatura media della terra, se circa metà della terra stessa rifiuta di farlo?

Nonostante l’importanza questo meeting sembra passare inosservato, quasi nascosto. E’ comprensibile, d’altronde la crisi continua a fare vittime e risolverla continua ad essere una priorità. Questa, però, non è una degna giustificazione. Se non risolviamo gli enormi problemi ambientali che hanno portato all’innalzamento di quasi 2 C° la temperatura media della terra, ci saranno altri cadaveri, veri. Già c’è ne sono stati. E se il mondo ancora si divide tra sostenitori e negazionisti (questi ultimi sempre più in minoranza, basti pensare al sindaco di New York Michael Bloomberg) della teoria del surriscaldamento climatico, il tempo sembra essere finito. Gli scienziati più ottimisti affermano che abbiamo fino al 2020 per portare a termine la “mitigazione” e rivoluzionare i nostri sistemi economico produttivi. I più rassegnati invece citano l’aumento di eventi  catastrofici come “Sandy” per dirci che ormai di tempo non c’è né proprio più. Dunque non ci resta che essere fiduciosi ma, davvero i delegati riusciranno nel difficile compito di dare una forma concreta al protocollo di Kyoto? Doha 2012 riuscirà finalmente ad essere un punto d’arrivo e non l’ennesimo rinvio? Con cosa farà “rima” Doha 2012 con futuro sostenibile o incredibile fallimento? Staremo a vedere. 

Nader Moukarzel

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