giovedì 8 novembre 2012

Four more years, are we ready?




Si apre sulle note di “Sign, sealed and delivered", di Stevie Wonder il discorso di ringraziamento del neo ri-eletto presidente Barack Obama. Al quartier generale elettorale di Chicago, in Pennsylvania Avenue a Washington. C’è una folla immensa ad attenderlo, una di quelle alle quali siamo stati abituati dal cinema Hollywodiano. Una fiumana tipicamente americana, ben armata di bandiere U.S.A. e slogan. Eppure la sensazione è di quelle strane, di quelle nelle quali sembra mancare qualcosa nonostante le grida della platea: Four more years.
Tuttavia Mr. President prende la parola e ribadisce con forza e chiarezza gli stessi ideali di Change and Hope che caratterizzarono la campagna elettorale del 2008, ma con un elemento in più “Foward”. Un po’ come ad indicare la via. A precisare che ora, stabilita la base, dobbiamo spiccare il volo ed andare avanti. Ma per quanto il discorso di Obama sia coinvolgente, certo non può essere definito innovativo. Lo stesso si può dire di tutta la campagna elettorale. Infatti lo spirito è cambiato. Assieme ad un immagine d’addio testimoniata da frasi come “Questo è il mio ultimo comizio” ed anche “Questa è la mia ultima tappa” durante i giorni scorsi ed alla ben più celebre immagine che ritrae il presidente con una lacrima scendergli sulla guancia;  un amaro sapore di dejà vu si fa spazio tra la gente. Dell’Obama combattivo e rivoluzionario che riuscì in qualche modo a dare forma al sogno di John F. Kennedy: Un giorno L’America avrà un presidente nero,  non è rimasto molto. L’Obama di oggi sembra più maturo, in un certo senso adulto. Persino nei modi di fare e nel vestire, quattro anni fa in maniche di camicia ed oggi molto più composto e sempre in “giacca e cravatta”. D’altronde il 2008 non è il 2012. Oggi la crisi morde e nonostante i progressi fatti con l’aumento dei posti di lavoro (Caso Chrysler) il debito pubblico continua a rappresentare una seria minaccia, assieme a problematiche più “internazionali” come la crisi dell’euro, la minaccia cinese e la delicata situazione della Siria. In questo contesto la vittoria di Obama sembra ancor meno netta. Ed Obama stesso sembra accorgersene tanto da dichiarare diretto alle sue figlie, durante il suo discorso di ringraziamento a Chicago: one dog is enough. Riferendosi al cane regalatogli dai Kennedy in occasione della vittoria elettorale del 2008. Per di più oltre all’aver perso quasi 10 milioni di voti in confronto all’elezioni del 2008, Obama si ritrova con una composizione della Camera dei rappresentanti completamente a suo sfavore. Ed è per questo che, a parer mio, Obama va cercando anche l’appoggio del suo sfidante. Infatti la governabilità della 44° presidenza sarà tra le più difficili nella storia della nazione Americana. Una bella gatta da pelare per il presidente democratico, il quale onestamente e non senza un pizzico di sfida dichiara: The best is yet to come.

Eppure nonostante tutto un Good Luck mi sento di doverglielo rivolgere.

Nader Moukarzel

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