sabato 13 ottobre 2012

Non dura la rimonta repubblicana, la frena Biden




E' calato il sipario sul Norton Center for the Arts a Danville nel Kentuky a seguito del secondo dibattito tra esponenti ufficiali dei partiti Democratico e Repubblicano.
Niente Presidenti questa volta, ma a confrontarsi sono stati i due Vice dei prossimi candidati alla Casa Bianca, vale a dire Joe Biden e Paul Ryan rispettivamente i "numeri due" di Barack Obama e Mitt Romney.
Un dibattito dai grandi ritorni, in primis quello della battaglia e del pathos, sicuramente mancati nel primo round Obama-Romney, giudicato da gran parte degli americani e della stampa uno dei "più noiosi della storia delle presidenziali".


Questa volta sono stati aggressivi e pungenti gli attacchi da una parte e dall'altra dei due vice-candidati che non si sono risparmiati, soprattutto il Democratico, costretto ad attaccare dopo il passo falso del Presidente la scorsa settimana, facendo pertanto riemergere un altro grande assente dell'ultimo dibattito, vale a dire il famoso "47%" di cui Mitt Romney non si vuole occupare.
Biden e Ryan si sono poi confrontati su diverse tematiche come la politica estera e l'economia. Sul primo argomento ha provato a premere il repubblicano introducendo - come ci si poteva aspettare - la questione del Bengasi-Gate. Per qualche secondo i democratici hanno tenuto il fiato ma la replica di Biden è stata imponente: "le sanzioni imposte dalla presidenza al governo di Tehran sono le più dure di sempre e stanno mettendo in ginocchio l'Iran".
Difesosi bene sul punto più caldo del dibattito Biden ha saputo respingere gli attacchi anche sul tema economico, chiedendo più volte a Ryan di spiegare matematicamente come Romney intendesse pagare la riduzione fiscale da 5 trilioni di dollari promessa ai ricchi; cosa che Biden non è riuscito a fare.
Valutando il dibattito nell'insieme è risultato nettamente più vivace del precedente (82 interruzioni da parte del repubblicano) caratterizzato da un Ryan all'attacco ma da un efficacissima risposta di Biden.
Come valutare il cambio di stile? Innanzitutto la virata da parte democratica era obbligata in quanto un'altra prova anonima avrebbe con tutta probabilità chiuso virtualmente le elezioni; mentre i Repubblicani hanno tentato di cavalcare l'onda positiva dell'ultima settimana.
Un altro fattore da tenere in considerazione è che, a differenza dello scorso incentrato esclusivamente sull'economia, quello di questa notte è stato un dibattito multitematico.
Polemiche, attacchi e interruzioni sono più facili quando il topic è la politica estera, mentre i temi economici sono stati illustrati più sotto una luce polemica che analizzando i piani dei due Presidenti.
Potremmo chiudere il cerchio tenendo a mente che Barak Obama la scorsa settimana ha sostenuto il dibattito "da Presidente", quindi cercando di non abbassarsi a livelli da candidato. Ha cercato di schivare i colpi piuttosto che di sferrarne e forse ha esagerato con la prudenza, forte della consapevolezza di avere il coltello dalla parte del manico, che però poi ha perso come hanno mostrato i sondaggi. E' stato molto attento a non risultare un "uomo nero arrabbiato", immagine che ha un significato storico per gli americani e che terrorizza l'elettorato.
Ma il Presidente il giorno stesso in un comizio sempre a Denver ha fatto trasparire serenità e si è anche concesso un po' di ironia ("Chi era quello? Mitt Romney? Non lo riconoscevo..."). Infatti Obama si lascia alle spalle il dibattito in cui sapeva di avere più difficoltà (l'economia) e incassa una vittoria in quello vice-presidenziale. Gli rimarrà da preparare un più abbordabile duello sulla politica estera e il suo compito comincia in discesa, forte delle repliche ferme questa notte di Biden sul Bengasi Gate che hanno convinto la stampa e forte anche del fatto che, oltre di aver ucciso Bin Laden, di aver notevolmente ridotto il numero di soldati morti per mano di Al Quaeda.
Dati alla mano, le carte rimangono mischiate, con il Presidente in carica che certo insieme al dibattito di Denver non ha perso anche le elezioni. Resta più facile credere che questo sia un breve "momentum" favorevole a Mitt Romney ma che potrebbe fermarsi già dopo il dibattito Biden-Ryan.
Da studente internazionalista piuttosto mi chiedo come farebbero gli americani a volere un presidente che ha sostenuto in pubblico questa frase: "If anyone accuses me of lying, I'll simply say I'm not lying, which is just an extension of the overall lying strategy".
Oppure come farebbero gli americani a volere un presidente che intende amministrare uno stato come si amministra un'impresa.

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